In questa guida spieghiamo come coltivare Borragine e mettiamo a disposizione informazioni utili per l’esposizione, l’irrigazione e la concimazione.
la pianta
nome botanico: Borago officinalis
famiglia: Boraginaceae
breve descrizione: Pianta di aspetto erbaceo, alta sino a 70 cm, eretta, con fusto ascendente, poco ramificato, sovente venato di rosso. Tutta la pianta è caratterizzata dalla presenza di lunghe setole bianche che la rendono ispida. Le foglie inferiori hanno lamina ovato-lanceolata, margine dentato, ondulato e nervatura rilevata; le cauline sono lanceolate, brevemente picciolate o amplessicauli. I fiori peduncolati, inclinati ad arco, sono riuniti in infiorescenze terminali, attorniate da brattee. Hanno calice composto da 5 sepali stretti e lanceolati, che durante la fioritura si aprono notevolmente, per poi richiudersi sul frutto. La corolla azzurra-blu, più raramente bianca, è pentalobata, gli stami sono 5, le antere sono violette. I frutti sono tetracheni marrone chiaro di forma oblunga, molto duri
durata: Annuale
periodo di fioritura: Fiorisce da aprile a novembre
area di origine: La pianta è originaria dell’area mediterranea, dove cresce tuttora in forma spontanea. Viene coltivato in tutte le regioni temperate del globo
clima: Mediterraneo
uso: Può venire coltivata come pianta ornamentale da esterno, ma ha anche proprietà medicinali e alimentari
accorgimenti e cure
esposizione e luminosità: La borragine gradisce posizioni soleggiate, ma si sviluppa senza problemi anche in zone semi-ombreggiate
temperatura: Non teme il freddo ed è completamente rustica in Italia
substrato: Questa pianta cresce senza problemi in qualsiasi tipo di terreno, preferendo i substrati leggermente calcarei
irrigazione: Deve essere annaffiata in maniera moderata. Allorchè cresce spontanea basta l’acqua piovana
propagazione: Avviene per seme
avversità: Non è soggetta a particolari malattie o parassiti
piccoli consigli: Pianta rustica, per cui facilmente coltivabile
curiosità
storia: La borragine, aggiunta al vino, veniva usata dagli antichi romani per curare la malinconia e la tristezza, dai Celti per dare coraggio ai guerrieri per affrontare i nemici in battaglia. Gli antichi Greci invece la usavano per curare il mal di testa da sbronza. Plinio la chiamava Euphrosinum “perchè rende l’uomo euforico, felice e contento” come attesta l’antico verso “Ego Borago – Gaudia semper ago.” Infatti sosteneva che i fiori consumati in insalata rendono propensi al riso e sgombrano la mente dai cattivi pensieri, le foglie e i fiori nel vino tolgono la tristezza e la malinconia e danno la felicità, sostenendo addirittura che la Borago fosse il famoso “Nepente di Omero” che, consumata nel vino, portava all’oblio ed alla spensieratezza. “llawenlys” (nome gallese dell’erba), significa “erba della contentezza” (forse a causa del vino con cui la si gustava). Parkinson la raccomandava per espellere pensieri e malinconia. Bacon diceva essere un eccellente rimedio per reprimere i fuligginosi vapori della polverosa malinconia. Culpepper trovava la pianta utile nelle febbri putride e pestilenziali, nel morso di serpenti velenosi, nella tubercolosi, negli itteri, nel mal di gola e nei reumatismi
cucina: Vedendola così ispida, non la si direbbe una buona commestibile, invece, le giovani foglie e i fiori sono ottimi in insalata, in frittate e in minestre. Come verdura cotta non ha nulla da invidiare agli spinaci, buona anche come farcia per i ravioli. E’ un componente del “preboggion” il mazzetto aromatico della cucina ligure e in Campania, viene cotta con le lenticchie. Può essere aggiunta alle “salse verdi”. Il gusto dal lieve sapore di cetriolo, la rende gradevole per insaporire il tè freddo e bevande di frutta. I bellissimi fiori sono usati canditi in pasticceria; possono anche essere congelati in cubetti di ghiaccio per aggiungere qualcosa di originale alle bibite e come colorante naturale, negli aceti balsamici. Buona mellifera
letteratura e mitologia: Il nome del genere deriva dall’arabo “abou rach” cioè “padre del sudore”, con riferimento alle proprietà sudorifere della pianta. Taluni, invece, sostengono che avrebbe origine dal latino “burra” cioè “stoffa grossolana pelosa”, con riferimento ai peli del fusto e delle foglie, che rendono la pianta ruvida al tatto. Altri ancora, invece, ritengono che borago derivi dalla corruzione di “corago” da “cor “”cuore e ago” “agisco” per i suoi effetti stimolanti. Altri ancora pensano che il nome derivi da “barrach”, parola celtica che significa uomo coraggioso.